Ma se ghe pensu...

Ma ci pensate? La canzone simbolo di Genova nel mondo è il racconto di un emigrante. Un migrante economico diremmo oggi. Partito per mettere un po’ di soldi da parte (i dinae a banca) col sogno di tornare, per comprarsi una casetta, col giardinetto, i rampicanti e la vite.

Quando con l’amica Jolanda Mancuso, docente del corso per Assistenti Familiari, frequentato da immigrati/e stranieri/e, abbiamo proposto questa canzone, ci siamo commossi tutti.

L’obiettivo era far conoscere agli “allievi” la cultura delle persone che andranno ad assistere.

La storia di questo giovane genovese invece, partito per terra straniera, diventato vecchio lavorando con l’obiettivo di poter tornare alla sua terra, il difficile rapporto con i figli, ormai inseriti nel nuovo mondo (di seconda generazione diremmo oggi), che gli parlano con una lingua straniera, (segnor Caramba) è andata ben oltre.

E’ diventata la storia di tutti noi.

Erano presenti uomini ma soprattutto donne provenienti dall’Africa e dall’America Latina, ognuno di loro, di noi, pensava alla propria storia, alla propria canzone.

Abbiamo cercato (e trovato) altri canti di migranti dei paesi di provenienza di ciascuno: non esiste terra al mondo che non abbia visto la partenza di qualche suo figlio e al quale non abbia dedicato una canzone.

Anch’io mi ci sono ritrovato. Negli anni 60 i miei genitori sono emigrati da Torre del Greco per arrivare a Genova in cerca di lavoro (anche qui migranti economici) con la loro storia e le loro canzoni (o’ciele e Napule). Eravamo i “Terroni”, quelli che venivano al Nord per “rubare” il lavoro. A pensarci bene è grazie a noi che tra gli anni ottanta/novanta è nata la Lega Nord, vi ricordate? A quei tempi qualche bontempone voleva addirittura dividere l’Italia tra Nord (Padania) e Sud (Terronia.)

Adesso i nuovi terroni sono gli stranieri, i migranti, quelli che fanno lo stesso viaggio di quel giovane genovese reso famoso dalla canzone. La barriera ideale dei Leghisti adesso non è più il Po, ma Lampedusa.

Ora come allora gli scellerati che vogliono dividere il Nord dal Sud, l’Est dall’Ovest, parlano alla pancia della gente, argomentano che l’accoglienza (di cui parla per esempio Papa Francesco) è impossibile, prima gli Italiani (adesso intruppano anche noi meridionali, forse perché votiamo?) c’è poco lavoro, portano delinquenza, ma la vedi la TV? E poi diciamo la verità, sono troppo scuri…

A scanso di equivoci dico subito una cosa per chi sta cominciando a storcere il naso: i problemi ci sono. Sono problemi di diverso tipo, culturali, organizzativi e logistici. Ma vanno affrontati.

Chi adesso, in campagna elettorale, vuol far credere che votandolo riuscirà a “spostare” il problema da un’altra parte, o addirittura rispedire “a casa loro” queste persone, sta raccontando una colossale balla, basta informarsi correttamente per capirlo.

Io faccio il volontario in diversi centri di accoglienza per persone richiedenti asilo e ho costatato una cosa: laddove questi ragazzi sono inseriti in progetti che prevedano corsi di lingua italiana, educazione civica, o corsi professionali, per esempio in agraria, elettricità, idraulica o edilizia, si creano sinergie positive con gli abitanti e con il territorio. E’ il caso del campus di Coronata, dove sono state attivate borse lavoro, senza maggiori esborsi economici rispetto alla normale attività di centri analoghi, che sono servite alla ristrutturazione dell’edificio San Raffaele, alla pulizia della campagna circostante l’istituto e la messa in opera della Vigna con la produzione del famoso vino. In programma c’è l’apertura di un centro sanitario per gli abitanti del quartiere, un doposcuola per i bambini ed altre attività sociali.

Ma ci pensate quante cose utili potremmo fare per la nostra città se solo imparassimo a farle insieme, con fantasia e creatività, i modi, vi assicuro, si trovano.

E’ logico che laddove manchino progetti, i giovani, sia italiani sia stranieri, tendono ad adagiarsi.

Non è difficile, infatti, trovare giovani stranieri chiedere l’elemosina davanti ai supermercati, ma “il problema” si risolve dandogli da fare qualcosa, non sperando irrazionalmente che qualcuno li mandi via perché danno fastidio (la povertà è fastidiosa dice Papa Francesco.)

Può sembrare un paradosso, ma laddove si creano progetti di attività per questi ragazzi, si crea contemporaneamente opportunità di lavoro per giovani nostrani. Quanti nuovi operatori nei centri di accoglienza sono stati assunti recentemente? Non penso di sbagliare se dico che questo settore è quello in cui i “nostri” giovani hanno trovato più opportunità di lavoro negli ultimi due anni. Le stesse opportunità che spero trovino anche i ragazzi richiedenti asilo una volta perfezionata la loro richiesta di soggiorno.

Ritornando al viaggio di quel genovese, rientrato a casa dopo decenni, lasciando i figli dall’altra parte del mondo, termino dicendo che molte di quelle persone che sono arrivate qua, non l’hanno fatto per scelta, non sono tutti migranti “economici”, molti di loro l’hanno fatto per necessità.

Ed esattamente come quel genovese sognano di potersene un giorno torna’ in giù, per abitare in una bella casetta… se è finita la guerra, se non c’è più carestia o se finalmente sono riconosciuti i diritti fondamentali per la dignità della persona. 

Pino Parisi